Lettera di un figlio al Papà

“Lo sai, papà, che quasi mi mettevo a piangere dalla rabbia quando ti sei arrampicato sulla rete di recinzione urlando contro l’arbitro? Io non ti avevo mai visto così arrabbiato. Forse sarà anche vero che l’arbitro aveva sbagliato, ma quante volte io ho fatto degli errori senza che tu mi dicessi niente? Anche se abbiamo perso la partita per colpa dell’arbitro, come tu dici, mi sono divertito lo stesso. Ho ancora molte gare da giocare e sono sicuro che, se non griderai più, l’arbitro sbaglierà molto meno. Papà, capisci, io voglio solo giocare. Ti prego, lasciamela questa gioia, non darmi suggerimenti che mi fanno solo innervosire: tira, passa, buttalo giù. Se buttassero giù me, quante parolacce diresti? Un’altra cosa: quando il mister mi sostituisce o non mi fa giocare, non arrabbiarti, io mi diverto ugualmente, anche seduto in panchina. Siamo in tanti ed è giusto che giochino tutti. E poi, quante parolacce, urla ed imprecazioni si sentono in campo mentre si gioca: non solo da te, ma anche da altri genitori. Non si agisce così, a me hanno detto che le brutte parole non salgono in cielo perché non trovano posto, là stanno solo gli angeli. E scusami, papà, non dire alla mamma, di ritorno dalla partita: “ha vinto ed indossa la maglia numero dieci”. Dille che mi sono divertito tanto e basta. Non raccontare che ho fatto un gol bellissimo, non è vero. Ho messo il pallone dentro la porta perché un mio compagno mi ha fatto un bel passaggio e tutti insieme abbiamo lottato per vincere. Ascoltami, papà, non venire nello spogliatoio al termine della partita per vedere se faccio bene la doccia o se so vestirmi. Che importanza ha se metto la maglietta storta? Devo imparare da solo. Stai sicuro che diventerò grande e sarò bravo a scuola, anche se avrò la maglietta rovesciata. E lascia portare a me il borsone. Guarda, c’è stampato il nome della squadra e mi fa piacere far vedere a tutti che gioco a pallone. E sai, non volevo dirtelo perché sono ancora piccolo, ma a scuola la fidanzatine sono in aumento. Non prendertela, papà, se ti ho detto queste cose. Lo sai che ti voglio bene, ma adesso è già tardi, devo correre all’allenamento. Se arrivo in ritardo il mister non mi farà giocare…”

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